La filiera della Canapa riparte dall’Appennino Tosco-Emiliano
Pubblicato il 12 Luglio 2014 da Legambiente ER in Parchi di Vita
L’antica e preziosa tradizione legata alla filiera della canapa è stato il tema portante della nostra partecipazione alla Festa della Canapa di Felina (RE) tenutasi sabato 12 luglio. Nello scenario del Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano abbiamo parlato ancora una volta degli antichi mestieri, protagonisti del progetto Parchi di Vita, che si svolgevano nelle aree protette dell’Emilia Romagna.
Forse non molti ricorderanno o sanno che “ l’iconologica” piantina dalla foglia palmata per secoli è stata uno dei pilastri dell’economia agricola, artigianale e commerciale dei nostri territori. Non solo folklore ma soprattutto storia, lavoro e vita! Si, proprio la vita di uomini e donne che per secoli hanno vissuto grazie ad una pianta che permetteva di ottenere i prodotti più disparati: filo per tessili e corde, stoppa per carta e guarnizioni idrauliche, biocarburante, farina e semi decorticati come alimenti, olio di semi per unguenti, integratori alimentari (contiene omega 3 e omega6) e saponi, fusti per la bioedilizia (in particolare per la costruzione di cappotti termici) e molto altro…
Due amici del luogo, il coltivatore Graziano e la tessitrice Daniela hanno passato con noi il pomeriggio tra le bancarelle del Parco Tegge di Felina, a raccontarci storie e mestieri legate alla canapa e a mostrarci come si lavorava il materiale ricavato dalle piantagioni. Alle 15 in punto un gruppetto di curiosi ed interessati si è avvicinato ai due protagonisti di giornata e così è cominciato il nostro ritrovo “en plein air”.
Il piccolo “convegno sul prato” è stato aperto da Graziano che da coltivatore diretto ha trattato i temi più scottanti. Ci ha raccontato dei tentativi che dal 1999 porta avanti con passione per rimettere in piedi e mantenere la filiera della canapa. “L’attività di coltivatore non è facile – ha osservato Graziano – perché per legge la pianta va estirpata e ripiantata ogni anno a causa dell’aumento dei livelli di THC (il cannabinoide psicoattivo) e poi per allestire un campo bisogna contattare le associazione responsabili e denunciare la piantagione alle autorità competenti. Per dirla tutta è il classico sistema burocratizzato che tende a deprimere la piccola e media impresa. Su questo genere di attività le leggi in Italia sono troppo restrittive a differenza della Francia o della Germania che hanno fatto grandi balzi in avanti.”
“ Le leggi proibizioniste degli anni 30 – ha continuato il nostro storico d’eccezione – ne limitarono la lavorazione e perdemmo in maniera dissennata la ricchezza del nostro germoplasma, unico al mondo tra cui la varietà Felina, poiché molti dei semi vennero venduti all’Ungheria. Di quelle specie non se ne sono viste più di simili da queste parti e chissà con gli intrecci genetici sovvenuti nell’arco dei decenni quando si riavrà quel livello di qualità. I particolari suoli basici del triangolo Modena-Reggio-Ferrara erano perfetti, (pardon !) sarebbero ancora oggi perfetti per la costituzione di filiere della canapa redditizie e noi continuiamo a sprecare tempo e denaro in programmazioni economiche e politiche territoriali senza senso.”
D’accordo con Graziano è sicuramente Daniela, la tessitrice di giornata e memoria storica della fase successiva la piantagione. La nostra amica possiede in casa antichi telai di vari tipi per tessere il filato di Canapa ed uno di questi risale alla metà dell’800. Roba da museo, si direbbe, ed invece sono ancora tutti funzionanti! Daniela lavora anche nel sociale con una cooperativa che si occupa di insegnare a disabili forzuti e pieni di buona volontà, a filare la canapa. “Sapete – chiosa Daniela – non è mica facile lavorare questo materiale! Ai tempi della nonna era più lavoro per uomini che per donne, ci volevano braccia forti ed una notevole resistenza che garantisse concentrazione durante la lavorazione. Se infatti si sbaglia la trama non si può riottenere lo stesso disegno semplicemente strecciando i fili e rilavorandoli in seguito”
“Non saprei neanche spiegare come riesco ad ottenere questi prodotti – ha continuato Daniela sorridendo – e non ho precisamente memoria di quando ho cominciato a tessere. Sono nata con la canapa fin da quando mia nonna mi prese sotto la sua ala e mi insegnò tutti i segreti del mestiere e della pianta per cui posso dire che la canapa è tutta la mia vita!”
Affascinati dalle empiriche descrizioni di Daniela paragonabili a quelle riportate da Virgilio nel poema epico-naturalistico “Georgicon”, ci accorgiamo di assistere ad una lezione universitaria più che ad una rilassata chiacchierata tra vecchi amici. Daniela, infatti, infila una dietro l’altra perle di conoscenza con una semplicità disarmante raccontando come per ottenere una bella colorazione rossa si facevano bollire le foglie dell’amarena in un pentolino e poi si tingevano alcuni fili o come il raccolto dovesse avvenire entro il 21 settembre altrimenti la qualità non sarebbe stata buona.
La canapa è un tessuto resistente, molto più assorbente delle normali spugne, così straordinario che i preziosi gomitoli rimasti inutilizzati nelle soffitte delle case e rosicchiati dai topi si rigenerano dopo una notte passata a mollo! Merito delle fibre miracolose che danno poi quella grana e quel particolare reticolato ai tessuti.
Speranze e sogni brillano negli occhi di Daniela e Graziano. Certamente sono i sogni di chi crede nel lavoro, nelle buone idee, nel recupero delle tradizioni e degli antichi mestieri perché, come abbiamo avuto modo di riflettere tutti insieme, se questi mestieri sono stati la sussistenza e la ricchezza di questi territori per secoli, per quale motivo non potrebbero esserlo anche oggi?! I nostri avi non saranno stati mica degli sprovveduti!?
La giornata si è così conclusa all’insegna del romanticismo e della rievocazione storica con Daniela al telaio mentre tessendo un vestitino per bimbo e salutandoci ci ha detto: “Non dobbiamo neanche chiedere il copyright, tanto gli egizi non possono più venire a recriminare l’uso delle loro invenzioni!”
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