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Decreto regionale aree idonee: le proposte di Legambiente

Legambiente Emilia-Romagna presenta le sue proposte per il provvedimento regionale sulle aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili
In base al Decreto Aree Idonee licenziato dal MASE, al 2030 in Emilia-Romagna dovrebbero essere installati 6,63 GW di rinnovabili; al momento siamo al 22,8% di completamento dell’obiettivo, con un ritardo stimato in 7,5 anni. Si tratta in ogni caso di un obiettivo intermedio rispetto alla totale decarbonizzazione prevista dal Patto Lavoro e Clima della Regione.
Occorre quindi accelerare il processo, realizzando una legge regionale lungimirante che, senza dimenticare il coinvolgimento delle comunità e l’integrazione con il paesaggio, renda il territorio regionale disponibile per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili.
Legambiente: “Gli impianti a fonti rinnovabili possono essere una grande risorsa anche per le comunità, i progetti proposti vanno valutati senza preconcetti e la Regione deve prendersi la responsabilità di governare il processo di transizione energetica senza delegare ai Comuni su una materia così delicata e decisiva per il nostro futuro”.

Si è tenuto questa mattina presso l’Auditorium Filla a Bologna l’incontro “Aree Idonee: programmare il futuro rinnovabile dell’Emilia Romagna” a cui hanno partecipato Stefano Ciafani di Legambiente, Maria Grazia Midulla del WWF Italia, Alessandro Giannì di Greenpeace, Marco Giusti di Energia per l’Italia, Pietro Torretta di Italia Solare, Andrea Bernabini di Agnes, Attilio Piattelli del Coordinamento Free Energia.
L’incontro nasce dalla volontà di Legambiente di portare un proprio contributo alla discussione inerente la legge regionale sulle Aree Idonee che dovrà essere approvata nelle prossime settimane. Grazie a questo provvedimento saranno individuate le aree in cui sarà possibile installare impianti a fonti rinnovabili, localizzando le indicazioni contenute nel decreto nazionale pubblicato dal MASE ad Agosto 2024. Altre Regioni si sono già espresse ponendo vincoli molto forti allo sviluppo di queste fonti energetiche, di fatto rendendo buona parte del proprio territorio indisponibile.
In base al decreto nazionale in Emilia-Romagna dovrebbero essere installati entro il 2030 6,63 GW di impianti a fonti rinnovabili, ma al momento siamo fermi a 1,288 MW1. Di questo passo l’obiettivo potrebbe essere raggiungo solo nel 2037, con quasi 7,5 anni di ritardo. Senza contare che il Patto per il Lavoro e il Clima della Regione prevede di raggiungere l’obiettivo del 100% di energia prodotta da fonti rinnovabili al 2035, un traguardo decisamente ambizioso che deve essere raggiunto.
Anche la legislazione sulle CER, certamente innovativa e colta da molti territori come opportunità, non ha ancora prodotto i risultati sperati. Delle 125 proposte sostenute con un primo bando da 5 milioni di euro del 2023 ancora non si vede la realizzazione pratica nei territori, in parte per difficoltà e lungaggini del Governo, in parte per la difficoltà di accesso a nuovi contributi regionali.

Legambiente chiede da tempo un’accelerazione del processo di transizione energetica sul territorio regionale, dall’efficientamento energetico all’elettrificazione dei consumi, fino all’aumento dell’energia rinnovabile installata. La legge regionale sulle aree idonee costituisce un passaggio fondamentale per facilitare il raggiungimento di questo obiettivo, lasciando da parte il dibattito sulla cosiddetta “energia nucleare pulita” o “di ultima generazione”, la cui realizzazione effettiva è ancora molto lontana nel tempo.

“In tempi recenti stiamo assistendo ad una sempre maggiore opposizione agli impianti a fonti rinnovabili da parte delle comunità locali per ragioni molto diverse: dalla incidenza della presenza degli impianti sul paesaggio alla possibilità di ricadute negative in termini ambientali, dal conflitto con l’attività agricola al consumo del suolo – commenta Davide Ferraresi, presidente di Legambiente Emilia-Romagna. – È evidente che servano provvedimenti più trasparenti e in condivisione con i territori, ma non si possono mettere divieti totali alla realizzazione di questi impianti. Occorre trovare un equilibrio tra interessi privati e collettivi, trovando soluzioni che garantiscano benefici alle comunità locali in termini di riduzione degli impatti ambientali, mitigazione delle emissioni climalteranti e costituzioni di comunità energetiche, mettendo al centro il ruolo dei Comuni nell’individuare le priorità per il proprio territorio. La gestione del processo di transizione energetica deve includere una visione di prospettiva del territorio, comprensiva dei rischi derivanti dalla crisi climatica, per motivare tutta la società e tutti i settori economici a partecipare a questo sforzo, traendone esternalità positive ed evitando danni per i soggetti più deboli. Auspichiamo che queste proposte costituiscano un punto di partenza per un dibattito pubblico e costruttivo in vista dell’approvazione della legge regionale.”

 

1 Rapporto “Scacco Matto alle Rinnovabili” ed. 2025 – Legambiente