Parma – No a Salumificio di fronte al Castello di Torrechiara (PR)
NO A ECOMOSTRO DI FRONTE AL CASTELLO di TORRECHIARA NEL PARMENSE
Previsti 20.000 MQ di consumo di suolo nella “cartolina” della food valley dell’Emilia-Romagna
Il Comune esempio lampante di tutti i buchi della legge urbanistica regionale
Legambiente Emilia-Romagna chiede lo stop immediato al progetto di un enorme salumificio di fronte al Castello di Torrechiara, nel parmense, una delle aree più suggestive della regione. Secondo l’associazione si tratta di una proposta scellerata avanzata da parte dell’imprenditore privato, purtroppo fatta propria dall’Amministrazione di Langhirano. Per questo ci si aspetta che la Regione e Provincia dicano un secco no.
Il progetto infatti eroderebbe altri 20.000 metri quadrati di un’area agricola in un territorio già sotto pressione per il consumo di suolo. Soprattutto, il salumificio intaccherebbe davvero un luogo simbolo, non solo per il valore architettonico e paesaggistico del luogo, ma in quanto vera e propria icona della produzione enogastronomica e dell’offerta turistica regionale: il castello ed il suo sfondo sono infatti una costante in tantissime pubblicità del Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma, nonché in tutti i siti turistici istituzionali, così come nei materiali promozionali del MAB Unesco dell’appennino: certamente uno sfondo strategico per gli interessi dell’azienda privata, ma un danno enorme per l’intera comunità.
Quello che sta avvenendo nel Comune parmense di Langhirano è esemplificativo tutte le falle della legge regionale sull’urbanistica. La proposta di variante urbanistica prosegue infatti con la procedura speditiva riservata agli ampliamenti di aziende del territorio (il famigerato articolo 53). Oggi i cittadini si scandalizzano che una modalità simile venga utilizzata per realizzare di fatto uno stabilimento ex novo a 5 km di distanza da quello esistente.
Purtroppo, si tratta di una scelta consapevole della regione che è già stata applicata regolarmente in tanti comuni. Infatti, al tempo della predisposizione della legge, fu proprio la regione ad ampliare il campo di validità dell’articolo accogliendo le richieste del mondo economico. Nella bozza del testo del 2016 le deroghe erano permesse solo in “lotto contiguo” all’impresa esistente, mentre la versione finale fu ampliate ad “aree collocate in prossimità delle medesime attività”. Variazioni che Legambiente aveva denunciato -inutilmente – ancora prima dell’approvazione della legge, mettendo in guardia contro la deregolamentazione che ne sarebbe conseguita.
Oltre a questo, non si prende in considerazione il riutilizzo di altre aree già urbanizzate o la riqualificazione di vecchie strutture in disuso. E per l’ennesima volta resta lettera morta il principio enunciato all’articolo 5 della Legge, che prevede che si possa costruire su suolo vergine “Previa valutazione che non sussistano ragionevoli alternative localizzative che non determinino consumo di suolo”. Valutazione sempre inattuata in quanto abitualmente basta che il privato adduca la motivazione di essere proprietario di quella specifica area e che realizzare l’intervento altrove avrebbe costi troppo alti.
Infine, l’intervento di Langhirano evidenzia come non finisca mai la fase transitoria che avrebbe dovuto portare ai nuovi Piani Urbanistici a ridotta espansione: solo pochi comuni hanno concluso l’iter. Gli altri che hanno scelto di non adeguare i piani hanno beneficiato di proroghe e vari strumenti in deroga. E’ il caso del Comune di Langhirano che nella fase transitoria ha presentato almeno 5 varianti al vecchio Piano ed ora vorrebbe continuare a trasformare il territorio grazie alle maglie larghe dell’articolo 53.
Il circolo locale di Legambiente ha già portato il proprio sostegno ai cittadini di Langhirano e richiesto di essere ammesso alla Conferenza dei Servizi.