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Nuovo studio sullo sfruttamento della cava di Monte Tondo: “necessaria riconversione articolata del sito”

Abbiamo scritto una lettera aperta dopo l’esito del nuovo studio che definisce il quantitativo di materiale estraibile all’interno dei confini del sito: “si utilizzino le risorse presenti entro il confine e nel frattempo si pianifichi la riconversione della cava. No a nuove espansioni”

Da tempo stiamo esprimendo la nostra contrarietà – sia a livello locale che regionale – all’ampliamento della cava di Monte Tondo, nella vena del gesso romagnola nei comuni di Casola Valsenio e Riolo Terme. E ora, in merito alla vicenda della prosecuzione dell’attività estrattiva, esterna la sua forte preoccupazione.

“Siamo particolarmente attenti alla necessità della tutela del patrimonio naturale, in particolare in un ambiente unico come quello della Vena del Gesso Romagnola, ma il nostro interesse non si limita al “protezionismo” di alcuni luoghi più sensibili: noi pensiamo che tutte le attività umane, anche quelle che hanno necessariamente un impatto antropico, debbano essere il più possibile rese ecocompatibili, su tutto il territorio.” – il nostro commento.

Con questo spirito è stata inviata una lettera aperta (allegata) a tutti gli interlocutori in campo: a partire dalla Regione – che ha la responsabilità delle autorizzazioni – agli Enti Locali, al sindacato, all’azienda, alle associazioni della comunità locale, al fine di poter aprire un confronto ampio.

Dalla presentazione dello studio commissionato dalla Regione Emilia-Romagna (a partire dallo scenario B consigliato) e dalle prese di posizione in merito, ricaviamo la convinzione che per affrontare insieme la tutela di questo patrimonio naturale e salvaguardare occasioni di lavoro qualificato, per i lavoratori oggi occupati e per la comunità locale, sia necessario avviare immediatamente un progetto articolato di riconversione delle attuali attività.

A questo fine abbiamo avanzato alcune ipotesi indirizzate su tre direttrici:

– la verifica del possibile massimo utilizzo del cartongesso dismesso nello stabilimento di Borgo Rivola. In questo modo sarebbe possibile utilizzare molto meno materiale vergine, quindi scavare di meno. Infatti, nei nostri territori vi sono iniziative – legate alla selezione e alla raccolta di inerti nei cantieri edili e nei territori – che acquisiscono il cartongesso di recupero e sono costrette a collocarlo in altre regioni. Intanto sarebbe necessario utilizzare queste quantità oltre che sviluppare impianti ad hoc sul territorio regionale in vista delle risorse nazionali che saranno integrate all’interno delle azioni del nuovo Piano Rifiuti;

– Il permanere a Borgo Rivola di una attività industriale, che occupi un numero adeguato di lavoratori, anche nella futura ipotesi di riduzione e poi cessazione della estrazione dalla cava. Per questo scopo riteniamo che l’azienda Saint-Gobain debba progettare, anche con il contributo di tecnici, università e centri di ricerca, la messa in produzione di prodotti alternativi, da affiancare oggi al cartongesso e poi progressivamente sostituirlo. Si possono ipotizzare pannelli coibentanti, pannelli di finitura, ecc., utilizzando argille, fibre naturali come canapa, paulonia e simili, che potrebbero essere coltivati in zona per arrivare a costituire un distretto locale di materiali edili innovativi, che la Regione e gli Enti Locali potrebbero impegnarsi a promuovere e sostenere.

– Infine, senza sostituire le attività industriali che devono restare in quest’area, è necessario attivare nella zona iniziative economiche in altri settori: ecoturismo, didattica, tutela del paesaggio, realizzazione del parco geologico museale, anche nella prospettiva della candidatura Unesco della Vena del Gesso e del suo patrimonio. Approfondendo le iniziative che l’Ente Parco ha in programma e le stesse ipotesi dell’azienda, per un “ripristino innovativo e sostenibile della cava che farà da volano per ulteriori iniziative culturali e turistiche…”.

 “Il tempo stringe ed è necessario pianificare fin da subito tutte le possibili soluzioni per evitare un’espansione dell’attività estrattiva verso il Parco della Vena del Gesso e tutelando il futuro dei lavoratori qui impiegati”.

 

Potete leggere l’intera lettera la seguente link