Mobilità: Regione in ritardo rispetto alle scelte nazionali. Urge nuovo piano trasporti sostenibile
Serve con urgenza un piano regionale della mobilità sostenibile. L’ultimo piano risale a 22 anni fa.
“Necessaria una nuova strategia o gli obiettivi della Regione non saranno raggiunti”
Chiediamo con urgenza un nuovo piano per la mobilità della nostra regione. L’ultimo piano dei trasporti approvato dalla Regione Emilia-Romagna risale ormai al 1998, un disegno lontanissimo dalle sfide e dalle trasformazioni in atto oggi e anche dalle esigenze ambientali attuali, così come dagli stessi obiettivi che enti locali e Regione dicono di voler perseguire.
Il vecchio Piano non metteva in discussione il primato dell’automobile, mentre oggi – ad esempio- il Piano della città metropolitana di Bologna prevede una riduzione dell’uso dell’auto del 30% al 2030. Analogamente la Giunta Regione si è data l’obiettivo politico di ridurre gli spostamenti su auto del 20% al 2025: un risultato pressoché impossibile da raggiungere senza interventi immediati. Anche rispetto agli obiettivi climatici la mobilità deve cambiare volto e confrontarsi con i piani energetici.
Le scelte importanti attuate in questo settore, come il trasporto gratuito sui mezzi pubblici per gli studenti, sono certamente una forma di welfare importante, ma difficilmente saranno una leva per cambiare davvero le scelte di mobilità. Serve dunque con urgenza un nuovo Piano, in linea con le dichiarazioni di intenti, e soprattutto un programma infrastrutturale coerente con gli obiettivi: una riforma delle città a favore della bicicletta e del trasporto pubblico ed un potenziamento degli assi portanti che collegano le città alle periferie.
Al contrario, mentre l’Europa indica per il PNRR la strada verde, l’Assessore regionale ai trasporti Corsini sembra particolarmente impegnato nel richiedere al Governo nuove strade in zone protette (la E55 nell’area del Delta) o a garantire sovvenzioni ad aeroporti già in crisi prima del coronavirus. Come dialogano queste scelte con gli obiettivi di decarbonizzazione?
E’ fuori discussione che in Emilia Romagna l’impegno più forte in termini di risorse ed esposizione politica sia ascrivibile alle grandi arterie autostradali o equivalenti, che da alcuni decenni monopolizzano le cronache locali.
Oggi l’impostazione regionale sembra in ritardo anche rispetto alle scelte nazionali. Se si guarda al Recovery Plan e all’elenco delle 60 opere pubbliche prioritarie approvate dal Ministro alle Infrastrutture Giovannini, non c’è traccia di nuove autostrade, ma piuttosto sono previste nuove ferrovie. Tra queste spicca l’asse strategico Parma-La Spezia Brennero, che invece è completamente fuori dal dibattito politico regionale.
L’impegno politico di Regione ed amministrazioni locali si traduce nella richiesta al Governo di ripubblicizzare Autobrennero, per evitare le gare e per poter realizzare le due autostrade nel modenese, peraltro l’’area maggiormente esposta a rischio idraulico della regione.
Le stesse stime di traffico del passante di Mezzo bolognese prevedono un aumento di 20.000 auto al giorno. È legittimo chiedersi da dove verranno queste auto in più se la città di Bologna punta davvero sulla sua rete metropolitana di superficie, incentrata sul futuro tram e sulle linee ferroviarie esistenti.
Riteniamo dunque necessario superare queste contraddizioni ed incoerenze con un piano degno di questo nome. Mantenere uno strumento di vent’anni fa è utile solo a tenere in vita le scelte stradali del passato.
Non si tratta di attuare scelte in contrasto con l’economia, perché sono tanti i cantieri della sostenibilità che aspettano di essere attuati.
Di seguito solo alcune delle possibilità elencate nella nostra proposta di Recovery Plan per l’Emilia Romagna (disponibili a questo link):
Le 4 “grandi opere” della mobilità sostenibili:
- Completamento del nodo del trasporto pubblico di Bologna, a cominciare dall’SFM, con il veloce completamento della rete tramviaria;
- potenziamento della ferrovia Parma -La Spezia e prosecuzione verso il Brennero: un possibile cantiere da 2 miliardi di euro, funzionale all’alleggerimento del traffico pendolare, turistico e delle merci. L’intervento avvicinerebbe inoltre le aree interne dell’Appennino ai servizi della pianura;
- creazione di unsistema rapido di trasporto costiero che riduca gli impatti della mobilità turistica e
connetta tutta la costa in modo efficace tra Riccione e Ravenna;
- realizzazione di un cantiere diffuso di adeguamento dell’intera rete ferroviaria regionale FER (350 km) per il trasporto merci e fluidificare i traffici passeggeri: risezionamenti e ampliamenti banchine, ripristino delle vecchie linee dismesse, elettrificazione. Particolarmente strategiche le linee collegate ai centri logistici dei poli industriali, come per il porto di Ravenna e il distretto ceramico.
A queste si aggiunge:
- la necessità di linee tram o bus rapid transit elettrici in tutte le città capoluogo;
- la realizzazione di ciclovie di connessione tra i centri abitati per estendere il raggio di mobilità in bici e ridurre l’afflusso di auto verso le città e costruire la rete regionale e nazionale di ciclovie turistiche.
- La dotazione di un Piano mobilità di prossimità e sicurezza: le città emiliano-romagnole devono diventare esempi pilota in Italia in cui la mobilità di prossimità -basata su un grande piano per i marciapiedi, le piste ciclabili e la moderazione del traffico – diventi la chiave di volta per la riqualificazione dello spazio pubblico e il rilancio delle relazioni e dell’economia di vicinato. Un grande piano di piccole opere.