Consumo di suolo, previsti nuovi ospedali in aree rurali della regione
Nuove strutture ad alto consumo di suolo previste a Piacenza, Carpi e Cesena
Il pubblico deve essere esempio positivo non perseguire gli errori del passato e contraddire le stesse norme urbanistiche
Sulla costruzione di nuovi poli sanitari in Regione si sceglie la strada urbanistica del passato: consumando campagna, senza particolari attenzioni a soluzioni meno impattanti e alimentando gli spostamenti in automobile.
Espriamiamo il nostro dissenso in merito ai nuovi ospedali previsti in Emilia Romagna che comporteranno la perdita di ingenti quantità di suolo vergine in aree ad alta vocazione agricola.
Siamo consapevoli delle difficoltà che il settore sanitario sta attraversando a causa della crisi pandemica in atto, tuttavia è impensabile che sia lo stesso comparto pubblico a replicare i modelli insostenibili del passato e a contraddire le indicazioni normative. In questo caso percorrendo la strada dannosa dell’uso di suolo vergine, invece che quella del recupero di aree già degradate.
In particolare sono tre i progetti di nuovi insediamenti sanitari che compromettono importanti superfici in aree rurali:
– l’ospedale di Cesena, purtroppo già in una fase avanzata di progettazione, che vede superfici interessate ancora più ampie di quelle previste inizialmente;
– l’ospedale di Carpi e quello di Piacenza, per i quali la discussione, piuttosto dibattuta sulla stampa, non ha trovato altrettanto e adeguato approfondimento nell’ambito procedurale della VALSAT, strumento istituzionalmente ideato per una corretta partecipazione della società civile e finalizzata alla ponderazione, più oggettiva possibile, dei costi e dei benefici di un’opera così importante e significativa per il territorio e per la comunità come lo è un ospedale.
Particolarmente grave il caso di Piacenza (area n.6 nella foto allegata), dove la localizzazione prescelta comporterà la compromissione di un’area oggi fuori dalle tangenziali e dunque aprendo la strada a future espansioni in tale direttrice, mentre si sarebbe potuto optare per realizzare l’intervento entro l’anello delle tangenziali. La scelta avrà riflessi negativi sulla mobilità sostenibile, aumentando il rischio di potenziale allagamento in caso di piene catastrofiche dei canali circostanti. Un’eventualità non più tanto remota nel contesto di cambiamenti climatici che stiamo vivendo.
Anche altre città hanno visto episodi analoghi, come il polo sanitario del quartiere Lubiana di Parma (cantiere ormai in fase di chiusura) su cui avevamo espresso forte contrarietà per la presenza di aree alternative già compromesse e potenzialmente recuperabili nella stessa zona. Va detto comunque che a Parma si è scelto in passato – probabilmente caso unico in regione – di realizzare le nuove strutture ospedaliere a fianco degli edifici storici. Una soluzione che oltre a non consumare suolo ha avuto il vantaggio di tenere vivo il tessuto sociale e le attività circostanti.
Ribadiamo dunque la necessità di ripensare le scelte degli insediamenti rendendoli esempi virtuosi e dimostrando che c’è coerenza con le dichiarazioni politiche con la legge urbanistica regionale. Da anni ormai si è diffusa la consapevolezza che le scelte strategiche di trasformazione del territorio debbano essere intraprese nell’ottica della rigenerazione urbana, risulta quindi particolarmente stridente che proprio alcune strutture volute e finanziate dal pubblico vadano marcatamente in direzione opposta.
Sotto alcune foto delle aree interessate: