Serve subito un nuovo piano regionale dei trasporti che abbandoni le “autostrade” figlie del passato
Ripensare la mobilità regionale alla luce della delle sfide ambientali: chiediamo di aggiungere la “S” di sostenibile al vecchio acronimo PRIT dell’Emilia-Romagna.
Il vecchio piano, scaduto ormai da 8 anni, conteneva soprattutto opere stradali che continuano ad andare avanti per inerzia, utili solo alle lobby del cemento e della vecchia energia.
Chiediamo a Bonaccini di dotare in fretta la regione di un nuovo piano dei trasporti, all’altezza delle sfide ambientali e dei modelli di mobilità più all’avanguardia. Il primo passo, anche simbolico, deve essere quello di aggiungere la S di “sostenibile” al nome del Piano (oggi PRIT), come accade già per i piani cittadini, sostanziando questo concetto attraverso la revisione delle previsioni di strade ed autostrade, eredità di decenni addietro: e’ fondamentale capovolgere i rapporti di spesa, oggi sbilanciati su investimenti dedicati principalmente ad infrastrutture destinate al trasporto su gomma, verso un modello di trasporto sostenibile e affrancato dal mezzo privato.
L’ultimo piano è datato 1998 ed è scaduto dal 2010. Durante questi 8 anni di “vuoto pianificatorio” regionale le politiche sul clima internazionali hanno subito una forte accelerazione e i capoluoghi di provincia si stanno dotando di PUMS (Piani urbani del Traffico) che in casi come quello Bolognese fissano obiettivi più ambiziosi delle previsioni regionali. In questo contesto la Regione ha continuato invece a portare avanti i progetti stradali ereditati dal piano scaduto.
La nuova proposta di piano (PRIT2025), la cui elaborazione è ferma alla seconda conferenza di pianificazione del febbraio 2017, vede ancora un forte sbilanciamento verso il finanziamento a nuove strade, rispetto ad infrastrutture necessarie a dare forza alla mobilità pubblica su ferro, sia di persone che di merci. Sono ancora tante infatti le opere, in procinto di partire, pensate per favorire il trasporto privato su gomma, e completamente slegate da qualsiasi valutazione effettiva dei flussi di traffico e dei costi/benefici: la Bretella Campogalliano-Sassuolo a Modena (515 milioni), il passante di Mezzo a Bologna (690 Milioni), la Cispadana tra Modena e Ferrara (1 miliardo 308 milioni).
Per l’autostrada prevista nel distretto ceramico di Sassuolo nessun esperto serio vi rileva benefici trasportistici evidenti, dato che nel 2005 è stata realizzato un nuovo asse stradale parallelo al tracciato. L’investimento sull’anello di Bologna scavalca invece temporalmente il PUMS metropolitano e dunque ne affossa gli obiettivi, che invece puntano correttamente su Servizio Ferroviario Metropolitano ed infrastrutture tranviarie per potenziare il trasporto pubblico su ferro dando peso alla “S” del PUMS.
Una pianificazione trasportistica di largo respiro, come dovrebbe essere quella del PRIT2025, ha l’obbligo di mettere in cima ai propri obiettivi la decarbonizzazione dei trasporti tendendo alla riduzione del 60% delle emissioni di CO2 del settore entro il 2050, così come indicato dagli obiettivi europei. Solo partendo da questo obiettivo si potranno decidere efficacemente a cascata le tipologie di investimenti da sviluppare; un ordine logico completamente assente nel PRIT, che inverte le priorità mettendo al centro le opere stradali, attorno alle quali ruota di conseguenza il resto della pianificazione.
Ricordiamo, alla luce delle strategie europee ad anche regionali contenute nel PAIR 2020, l’urgenza di azzerare le 70.000 morti premature in Italia (e prevalentemente nel bacino padano) dovute all’inquinamento atmosferico. Urgono decisioni drastiche da parte dei decisori, per mettere in moto meccanismi in grado di ripensare il modello trasportistico al fine di raggiungere gli obiettivi sottoscritti negli accordi di Parigi (COP 21).
Ne va anche della credibilità della politica. Caso emblematico è quello dei 9 km di TI-BRE nel parmense – attualmente in costruzione – per la quale i cittadini (e la stampa nazionale) si sono resi conto inequivocabilmente a cantiere partito come si tratti di uno scempio inutile. Una distanza di percezione che però resta enorme rispetto alle stanze di viale Aldo Moro: solo pochi mesi fa infatti vertici regionali sono stati immortalati dai giornalisti durante il brindisi di avvio del cantiere, organizzato assieme ai rappresentanti dell’impresa Pizzarotti.
In altri aspetti della pianificazione le politiche regionali sono invece adeguate: il Piano Aria, sulla carta uno dei migliori del Paese; il Piano Energetico; la gara del ferro, ereditata dalla giunta precedente, che sta rinnovando il materiale rotabile circolante sulla rete regionale. Azioni positive che però resteranno soluzioni parziali e depotenziate con l’attuale PRIT2025: un piano che dimostra di non voler toccare gli interessi dei potentati del cemento e dell’energia e non prevede un vero rinnovamento delle politiche.