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Regione e cacciatori d’accordo nel non posticipare la caccia

Regione e cacciatori d’accordo: per la fauna l’emergenza estiva non c’è stata. Nessuna proroga del calendario venatorio.

La tutela degli ecosistemi sempre fanalino di coda. Lo stato di crisi che è stato utilizzato per mettere in secca i torrenti e ottenere finanziamenti, scopriamo oggi non aver causato ripercussioni negative agli ecosistemi.

In commissione ambiente regionale di alcuni giorni fa non è passata la richiesta di prorogare il calendario venatorio, a seguito dei mesi drammatici di siccità. Una richiesta avanzata dal mondo ecologista già ad agosto, che anche ISPRA (l’ente tecnico del Ministero) aveva considerato fattibile e auspicabile.
Gli uffici regionali hanno atteso il più possibile per decidere sul provvedimento, utilizzando le ultime piogge cadute come giustificazione per affermare che la drammatica siccità di quest’anno è già esaurita, e non ha avito ripercussioni negative sugli ecosistemi.

Vogliamo sottolineare pubblicamente la mancata proroga alla stagione venatoria che, tecnicamente e simbolicamente, ritiene del tutto incomprensibile e di estrema gravità; la prova di uno strabismo che vede la tutela degli ecosistemi sempre seconda rispetto all’interesse di qualsiasi lobby bussi alle porte della politica.

Riteniamo giusto ricordare che per la nostra regione l’emergenza idrica è stata invocata per ottenere lo stato di emergenza (l’Emilia Romagna è stata l’unica ad ottenerlo); è’ stata invocata per ottenere finanziamenti dal Governo; è stata invocata per derogare i vincoli imposti sui prelievi ai corsi d’acqua necessari a garantire la vita degli ecosistemi autorizzando prelievi, altrimenti “fuorilegge”, persino nelle aree protette.

A questo punto scopriamo che per la Regione e le associazioni venatorie, l’emergenza idrica ed i cambiamenti climatici, miracolosamente, non hanno colpito la fauna ed hanno esaurito i propri effetti con le piogge degli ultimi giorni.

Sottolineamo inoltre come dalla proroga potevano rimanere escluse le specie più dannose all’agricoltura, e quindi da contenere, come i cinghiali. La decisione della regione è dunque una scelta politica molto chiara, fatta esclusivamente per non scontentare interessi del tutto particolari.