Turismo e Rete Escursionistica Regionale: un caso di schizofrenia acuto
Da una parte si promuovono cammini devozionali e turismo slow, dall’altra si trasforma l’Appennino regionale in una terra ad uso e consumo dei motoristi.
L’occasione dell’iniziativa tenutasi oggi a Pavullo nel Frignano sulla rete escursionistica regionale pone in luce una fortissima contraddizione sull’idea dello sviluppo turistico della montagna che gli enti vogliono realizzare: una “rete dei cammini” che dovrebbe convivere con quella di un paradiso per mezzi motorizzati fuoristrada.
Il convegno di oggi, dal titolo “ L’organizzazione della rete escursionistica dell’appennino modenese per la valorizzazione dell’ambiente e dello sviluppo del turismo” intendeva promuovere un turismo sostenibile per la montagna.
L’evento, come altre analoghe iniziative (per es. la tavola rotonda sulla Piccola Cassia svoltosi a Tolè lo scorso 10 maggio) trattava infatti di “mobilità dolce” e di cammini storici e devozionali come parte importante di una nuova offerta turistica volta a valorizzare i territori rurali di montagna fornendo un reddito aggiuntivo a chi presidia e custodisce questi territori.
Cammini sulla cui promozione e recupero vari enti ed istituzioni stanno investendo energie e risorse.
Difficile però capire come questo impegno possa stare in campo con la legge regionale sui sentieri che, unica in Italia, ha equiparato l’escursionismo lento a quello a motore, si tratti di quad, moto o fuoristrada. Una scelta che 4 anni fa ha scardinato gli equilibri precedenti, dando il via ad una deregolamentazione di fatto e a molte situazioni al di fuori della legge.
La legge regionale n. 14/2013 è stata approvata ormai 4 anni fa, ma non è ancora in vigore perché manca dei decreti attuativi, e, in particolare, manca del catasto dei sentieri e dei regolamenti. In sostanza è bloccata, nonostante le risorse profuse in quattro anni di lavori della commissione (C.t.c.) che doveva redigere tutti gli strumenti necessari alla sua piena applicazione.
Un ritardo che non è del tutto inspiegabile, però : la legge così com’è, infatti, è inapplicabile, e poiché la cosa è nota a tutti gli esperti e operatori del settore, si preferisce lo stallo normativo ad un chiarimento che ponga fine – per sempre – ad un’incoerenza tanto colossale quanto pericolosa.
Così, in attesa che qualcuno voglia porre fine a questa bruttissima pagina della gestione della montagna nella nostra regione, moto e quad hanno libero accesso ovunque: nelle zone protette S.I.C. e Z.P.S; sulla Via degli Dei; sulla Piccola Cassia…
Denunciano quindi, per l’ennesima volta, questa situazione ed esortiamo il Consiglio Regionale ad affrontare senza ulteriore pericoloso indugio un iter di modifiche sostanziali alla legge sui sentieri.
Sono il futuro della montagna e il suo sviluppo sostenibile ad imporlo, per mettere a tacere una volta per tutte le bramosie di chi la montagna di certo non la ama, o lo fa in maniera distorta.