Appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico
Subito regole nuove per fermare gli incentivi ad impianti idroelettrici che danneggiano i fiumi e un impegno concreto per ridurre gli impatti da parte degli impianti esistenti. L’energia idroelettrica può dare un contributo importante alla produzione da fonti rinnovabili ma occorre tutelare una risorsa delicata come l’acqua, i fiumi e la biodiversità.
In Emilia Romagna si applichi la delibera regionale 1793 del 2008, non lasciando spazio ad interpretazioni e si rendano effettivi i controlli post-opera. Occorre puntare a realizzare il miniidrolettrico su tratti artificiali e sulla rete gestita dai consorzi di bonifica.
Fiumi senz’acqua o con una portata completamente alterata, cementificati, interrotti da un numero sempre più elevato di sbarramenti. È questa purtroppo la situazione in cui riversano troppi corsi d’acqua nel nostro Paese. A soffrire non sono solo quelli principali, ma soprattutto i torrenti e rii di montagna con sempre meno corsi d’acqua alpini che mantengono ancora condizioni di naturalità elevata – cioè non perturbati da derivazioni, da alterazioni morfologiche significative e da immissione di inquinanti – mentre i restanti corpi idrici sono in gran maggioranza sfruttati da derivazioni a scopo idroelettrico e/o irriguo. Situazione che si verifica anche lungo l’arco appenninico e nel resto del territorio italiano, dove il livello di sfruttamento delle acque superficiali e la pressione sui corpi idrici sta rapidamente aumentando, al contrario di quanto richiederebbero gli obiettivi delle direttive europee.
Questo il presupposto che ha portato oltre cento tra associazioni e comitati a firmare l’Appello nazionale per la salvaguardia dei corsi d’acqua dall’eccesso di sfruttamento idroelettrico promosso dal Cirf, Centro italiano per la riqualificazione fluviale, presentato alla Camera dei deputati insieme ai rappresentanti di Legambiente, WWF Italia, Mountain Wilderness Italia, FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee), Forum italiano dei movimenti per l’acqua, Comitato Bellunese Acqua Bene Comune.
In Italia sono oltre 3000 le centrali idroelettriche esistenti e se oggi l’unica prospettiva di realizzazione di nuovi impianti viene da impianti di piccola taglia, sono rilevanti i problemi aperti nel territorio italiano. Gli incentivi per gli impianti idroelettrici non distinguono tra impianti che danneggiano i fiumi e gli ecosistemi e quelli invece integrati e che rispondono a criteri seri di sostenibilità. Inoltre l’assenza di regole efficaci di tutela dei bacini idrografici e dei deflussi idrici ha portato a una vera e propria corsa alla costruzione di nuove centrali idroelettriche, con oltre 1500 istanze attualmente pendenti nelle regioni alpine e centinaia nelle Regioni del Centro-Sud. Sempre più spesso poi le domande di concessione di derivazione per scopo idroelettrico insistono in Parchi o in aree Natura 2000 (SIC o ZPS), in biotopi, o comunque in contesti ambientali e paesaggistici di particolare pregio e fragilità.
A denunciare i rischi di questo scenario non sono solo comitati e associazioni ambientaliste, come dimostra la procedura EU Pilot 6011/14/ENVI avviata da parte della Commissione europea nei confronti del Governo Nazionale per verificare la corretta applicazione della Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE, della Direttiva “Habitat” 92/43/CEE e della Direttiva “VIA” 2011/92/UE, per i bacini dei fiumi Tagliamento, Oglio e Piave. Infine, il nostro Paese è fortemente in ritardo rispetto agli obiettivi di qualità dei corpi idrici dettati dalla direttiva europea 2000/60, da raggiungere entro il 2015 e la normativa nazionale sulla gestione delle acque non è ancora adeguata a tutelare compiutamente le esigenze plurime che i corsi d’acqua soddisfano (nei confronti degli ambienti umani e dell’ecosistema: non solo produzione di energia, ma anche altri servizi ecosistemici quali la biodiversità, l’autodepurazione, la ricarica delle falde, il ripascimento dei litorali, lo spazio ricreativo, il turismo), ad oggi insufficientemente tenuti in considerazione nella pianificazione e gestione dei bacini fluviali.
L’energia idroelettrica svolge un ruolo importante nella produzione da fonti rinnovabili nel nostro Paese nella direzione della riduzione delle emissioni di CO2, ma oggi occorre cambiare completamente il sistema degli incentivi e le regole per valutare l’impatto degli impianti idroelettrici per garantire la tutela dei fiumi, degli ecosistemi e della biodiversità, come oggi purtroppo non avviene per una risorsa preziosissima come l’acqua.
In Emilia Romagna, esiste in realtà una disciplina specifica, la Delibera n. 1793 del 2008, che prova a ridurre il numero di impianti sui singoli corsi d’acqua e gli impatti delle opere, adottata in anticipo rispetto ad altre regioni, soprattutto grazie al contributo di associazioni e comitati locali.
In realtà la prescrizione relativa alla distanza minima che deve intercorrere tra una centralina e l’altra non viene unitariamente interpretata dagli enti preposti al rilascio delle concessioni, disattendendo così il principio di non proliferazione degli impianti e a scapito del raggiungimento del miglioramento degli obiettivi di qualità del corso d’acqua previsti dalla Direttiva 2000/60 CEE.
Oltre a questo a pesare è l’assenza delle verifiche sul campo delle prescrizioni rilasciate in sede di autorizzazione, prima e dopo la messa in funzione degli impianti, che comportano, ad esempio, episodi di mancato rilascio delle portate idriche necessarie a mantenere la naturalità dei corsi d’acqua.
I soggetti firmatari, estremamente preoccupati per questa situazione, avanzano al Governo, al Parlamento e alle Regioni una serie di richieste urgenti:
-immediata sospensione del rilascio di nuove concessioni e autorizzazioni per impianti idroelettrici su acque superficiali; una revisione degli strumenti di incentivo da mantenere solo per impianti che soddisfino tutti i requisiti di tutela dei corsi d’acqua;
-apertura di un tavolo di confronto a livello nazionale con l’obiettivo di ridurre l’impatto delle centrali idroelettriche esistenti e minimizzare quello di eventuali nuovi impianti;
-i Piani di Gestione dei distretti idrografici prevedano programmi di misure tesi alla riqualificazione dei corsi d’acqua e, più in generale, del bene comune acqua;
-venga attuato un processo rigoroso di valutazione dell’impatto ambientale, e che si considerino in modo esplicito gli impatti cumulativi dei progetti che incidono su uno stesso bacino imbrifero;
-venga superato il concetto attuale di DMV (Deflusso Minimo Vitale) a favore di quello di deflusso ecologico e cioè di una regola di rilascio che sia realmente in grado di garantire il mantenimento degli obiettivi di qualità ecologica di un corpo idrico e dei servizi eco sistemici da questi supportati; -venga garantito il rispetto dei deflussi rilasciati in alveo e l’esecuzione delle misure di mitigazione, attraverso l’applicazione del sistema sanzionatorio previsto dalla legge;
Sollecitiamo inoltre a guardare con maggiore interesse alla rete dei canali gestita dai Consorzi di Bonifica, un reticolo molto esteso su cui esistono ampie possibilità di realizzare interventi corretti e poco impattanti e alla possibilità di ricavare centrali idroelettriche recuperando gli impianti esistenti e sugli acquedotti potabili.