Dighe foranee e rischio subsidenza a Ravenna
Se il fenomeno di abbassamento del terreno viene amplificato anche dalle attività di estrazione di idrocarburi come mai la politica non interviene su questo versante?
Assurdo giocare con questa grave incognita che mette a rischio l’economia del turismo: chi finanzierà le difese spondali quando non ci saranno più i fondi dell’Eni?
Come ogni anno, a ridosso della stagione estiva, sul litorale emiliano-romagnolo si investono ingenti risorse per proteggere la costa dall’erosione e per rinfoltire le spiagge sempre più scarne, con l’obiettivo di garantire la sicurezza dei cittadini e il futuro del turismo.
Ne sono un esempio gli interventi di difesa della costa del Lido di Dante, sul litorale ravennate, che prevedono la realizzazione di dighe foranee con un finanziamento da parte dell’ENI di circa 2 milioni di euro. Il progetto, che verrà completato prima dell’inizio della stagione balneare, è stato approvato per dare una risposta immediata ai crescenti fenomeni di erosione dell’arenile del Lido romagnolo.
Pensiamo si tratti però di un intervento che rischia di essere un palliativo momentaneo, se non si lavora anche sui problemi a lungo termine di cui soffre ormai tutta la fascia costiera emiliano-romagnola.
Se si mette assieme il fenomeno della “subsidenza”, l’abbassamento del terreno che colpisce gravemente la nostra regione, con il rischio di innalzamento marino a causa dei cambiamenti climatici, ci si rende conto che ci sono forti ipoteche sul futuro degli insediamenti e dell’economia costiera.
L’ipotesi di aver bisogno di interventi di difesa sempre più costosi in futuro non è così remota, come dimostrano gli interveti che sono stati necessari a Cesenatico.
Ad apparire paradossale è soprattutto il fatto che se da un lato si investono fondi per costruire strutture protettive del litorale, dall’altro si continuino a permettere attività che amplificano direttamente gli effetti della subsidenza, come l’estrazione di idrocarburi, proprio ad opera della piattaforma ENI Angelina 2 di fronte al Lido di Dante. Infatti è ormai certo che l’estrazione di fluidi, dal sottosuolo – e quindi anche di idrocarburi – sia una delle cause antropiche dell’aumento della subsidenza.
Se è vero che non è possibile determinare con precisione quanto sia questa influenza, la politica dovrebbe assumersi la responsabilità di tutelare le future generazioni, evitando di correrre rischi.
Quando non disporremo più dei fondi dell’Eni, chi si potrà fare carico dei costi di queste immense opere di messa in sicurezza sempre più necessarie?
Per noi, quindi, l’azione più efficace per difendere le coste è vietare categoricamente le attività di estrazione o stoccaggio di idrocarburi nelle aree non idonee ad ospitarle, a partire da quelle a rischio subsidenza.
Questa è la prima di una serie di richieste che lo scorso settembre l’associazione aveva avanzato alla politica, in occasione della presentazione dossier Idrocarburi. Richieste a cui le amministrazioni locali, che dovrebbero mettere in atto una politica lungimirante, non hanno mai risposto, a cominciare dal Comune di Ravenna.