Rapporto Cave 2011
L’Emilia Romagna regione più virtuosa rispetto al recupero di aree dismesse ma ai primi posti nei quantitativi estratti
Presentato oggi a Roma il rapporto nazionale di Legambiente
E’ stato presentato oggi a Roma il rapporto Cave 2011, che mostra i numeri, il quadro normativo, il punto sull’impatto economico e ambientale dell’attività estrattiva nelle diverse regioni italiane, sottolineandone i danni ambientali ed economici per il nostro Paese a solo vantaggio dei cavatori.
Le cave attive in Italia sono 5.759, un dato costante da alcuni anni a questa parte, mentre sono 12.325 quelle dismesse nelle Regioni in cui esiste un monitoraggio. A queste ultime sarebbe importante poter sommare le cave abbandonate di Sicilia, Calabria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia, il che porterebbe il dato a superare di gran lunga le 15 mila cave dismesse.
Numeri sicuramente da capogiro, le cui capolista sono Sicilia, Veneto e Lombardia, con più di 500 cave attive, seguite da Piemonte, Toscana, Lazio e Campania, quest’ultima con una forte presenza di cave abusive; le regioni invece con minor presenza di attività estrattiva sono Liguria, Friuli, Molise, Basilicata e Valle D’Aosta.Legate poi al problema delle cave dismesse sono soprattutto Lombardia, Veneto, Campania, Provincia di Trento, Marche e Toscana, tutte al di sopra delle mille unità.
Per quanto riguarda l’Emilia Romagna, le buone pratiche di recupero delle cave dismesse e la pianificazione, il buon sistema sanzionatorio sui reati e la proposta di innalzamento dei canoni per le attività estrattive approvata dall’Assemblea legislativa regionale la rendono praticamente la regione più virtuosa.
Esempio concreto di ciò è il Progetto SARMa (Sustainable Aggregates Resource Management), i cui protagonisti sono la Regione Emilia-Romagna, unitamente alle Province ed in particolare a quella di Parma, finanziato dall’Unione Europea, nato con l’obiettivo di promuovere la gestione sostenibile delle risorse inerti mediante il contrasto alle illegalità, la riduzione degli impatti ambientali ed una futura armonizzazione della normativa tra gli Stati europei; il progetto prevede soprattutto la messa in pratica di tecniche innovative per il recupero delle aree di cava abbandonate (tra cui le aree golenali del fiume Po) e lo sviluppo di sistemi per il riciclo del materiale inerte.
Per rimanere sul buon esempio dato dall’Emilia Romagna, su tutte vale l’esperienza di Montechiarugolo (PR) dove è stato installato una parco fotovoltaico, i cui pannelli, con una potenza complessiva di 1,8 MW, consentono di superare la quota di 500 Tep di risparmio energetico annuo e di ricavare dal sole il 130% dell’energia elettrica consumata dal Comune.
Tuttavia, se la nostra zona si distingue per recupero di aree dismesse e pratiche virtuose, è di certo fra quelle che contribuiscono ad un quadro nazionale in cui, per sabbia e ghiaia estratte, si arriva nel 2011 a superare gli 89 milioni di metri cubi cavati, che sarebbero di più se non vi fosse stata la crisi economica, da utilizzarsi soprattutto nel settore edilizio.
La nostra Regione estrae infatti circa 8 milioni di m3 di sabbia e ghiaia in un anno, e un milione e 250 mila m3 di argilla (su un totale nazionale di 8 milioni), materiale per cui detiene il primato di estrazione in Italia.
Per Legambiente uno dei passi fondamentali necessari per invertire un processo ormai datato e che manifesta sempre maggiori effetti negativi sul territorio è quello di emanare al più presto una Legge Quadro Nazionale, concertata con le Regioni, che stabilisca in maniera omogenea per tutto il Paese i criteri, i limiti ed i canoni minimi con i quali regolare il settore estrattivo che dovranno perlomeno, in una fase iniziale, attestarsi al 10% del valore commerciale dei materiali estratti, per poi aumentare gradualmente e raggiungere un livello pari al 20%.