Referendum Nucleare
Il voto sul nucleare, una scelta tra due idee di futuro, anche in Emilia Romagna
Nel referendum del prossimo fine settimana si voterà anche sul nucleare.
Occorre ricordarlo, perché è stato fatto di tutto per impedire ai cittadini di esprimersi su questo tema, creando volutamente una situazione di forte ambiguità e confusione: cambi di leggi, ricorsi, mancata informazione sulle TV di stato.
Finalmente, anche se in ritardo, è stata fatta chiarezza e il 3° quesito ci sarà.
I cittadini dunque si troveranno a poter scegliere, votando SI, se mettere uno stop definitivo al ritorno in Italia di una tecnologia altamente pericolosa.
Ma in ballo non c’è solo una riflessione sulla salute e sulla tutela dell’ambiente: in gioco c’è lo scontro tra due modelli energetici molto diversi e, in ultima analisi, su due idee di futuro.
Certo il tema della pericolosità dell’atomo è centrale, anche se per lungo tempo governo e lobby energetiche hanno tentato di far credere che la tecnologia nucleare fosse ormai intrinsecamente sicura. Tutti ricorderanno le finte pubblicità bipartisan dei giocatori di scacchi, uscite durante le ultime feste natalizie.
Sfortunatamente, il tragico disastro giapponese di Fukujma, ci ha ricordato che gli impianti nucleari, una volta sfuggiti di mano diventano incontrollabili e le reazioni proseguono in modo autonomo. Allora abbiamo bisogno di martiri, di lavoratori disposti a mettere a repentaglio la propria salute per fermare la fuoriuscita di radiazioni: ieri i cosiddetti “Liquidatori” di Chernobyl, oggi gli operai TEPCO.
I fatti di Fukujma ci ricordano che un singolo incidente su una centrale nucleare, per quanto raro, può diventare una catastrofe di proporzioni bibliche, obbligando intere comunità all’esodo: si parla di 80.000 evacuati in Giappone, erano 135.000 a Chernobyl nel 1986 (più altre 300.000 persone che decisero di andarsene successivamente), 140.000 a Three Mile Island negli USA nel 1979.
A fianco del più immediato tema della sicurezza ci sono molte altre valutazioni che rendono il ritorno del nucleare, insensato, inutile ed anacronistico.
Dal punto di vista economico il costo definitivo degli impianti francesi EPR, che dovrebbero essere costruiti in Italia, non è ancora noto; la medesima tecnologia in costruzione in Finlandia ad Olkiluoto ha subito raddoppi sia nei costi che nei tempi di realizzazione. Quello che è certo invece è che importeremo, pagando profumatamente, competenze e brevetti francesi, creando solamente due o tre mila posti di lavoro ( contro i 90.000 addetti delle rinnovabili già presenti oggi nel nostro paese).
Il nucleare non risolve nemmeno il problema urgente delle emissioni di CO2, visto che le prime centrali vedrebbero la luce in Italia non prima del 2023, mentre gli impegni UE ci impongono di avere tagliato le nostre emissioni del 20% già al 2020 .
Non risolveremmo nemmeno il problema della dipendenza dall’estero, continuando ad importare uranio da paesi extraeuropei.
Infine c’è il problema delle scorie pericolose che viola il patto tra generazioni, lasciano ai nostri figli e nipoti un eredità pericolosa: lo stoccaggio definitivo dei rifiuti radioattivi infatti non è ancora stato risolto efficacemente in nessuno stato e tantomeno in Italia, dopo il maldestro tentativo di Scanzano Ionico.
Il SI al referendum dunque, oltre a bloccare questa pericolosa avventura, è un SI ad un nuovo cammino che l’Europa, Germania in testa, sta proponendo al resto del mondo: un percorso basato sul risparmio energetico e sulla diffusione delle fonti rinnovabili.
E questa alternativa oltre ad essere sicura fornisce risposte ad una serie di altre urgenze globali e locali.
Puntare sulle rinnovabili significa produrre energia senza emissioni dannose per la salute ed il clima riducendo anche la dipendenza dall’estero.
Si tratta di un vero processo di democratizzazione energetica che vede moltiplicare i soggetti produttori, perchè ogni comunità può trarre la propria energia direttamente dalle risorse del territorio: sole, acqua, vento, biomasse. Anche dal punto di vista del lavoro la soluzione è vincente: in Germania gli addetti del settore sono oggi oltre 350.000. Lavorare sul risparmio di energia significa ripensare il sistema della mobilità e il volto delle nostre città. Intervenire sul patrimonio edilizio esistente, ambito con margini di risparmio energetico enormi, può portare al tempo stesso a ridurre le bollette dei cittadini e a ridare ossigeno ad imprese ed artigiani del settore.
Anche in Emilia Romagna questo voto assume quindi una valenza molto concreta: da una parte l’ipotesi di avere di nuovo una centrale lungo il Po, magari a Caorso, dall’altra una rivoluzione verde che ci porti ad avere quartieri ad emissioni zero con case che producono più energia del loro fabbisogno, un sistema di trasporti più efficiente sul modello delle capitali verdi d’europa e una rete diffusa di impianti a fonte rinnovabili in grado di produrre vantaggi a famigli, agricoltori ed imprese.
Se lunedì mattina avrà vinto il SI avremo fatto un passo in più in questa direzione.
Lorenzo Frattini
Presidente Legambiente Emilia-Romagna